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Fascite plantare

  • Fascite plantare patologia del piede

Indice:
Introduzione
La patologia
Le cause
Correlazione con altre patologie
La diagnosi
La terapia conservativa
Il trattamento chirurgico
Prevenzione e consigli

La fascite plantare è una patologia del piede originata dall’infiammazione di un legamento posto sotto la pianta del piede: legamento arcuato o aponeurosi plantare. È stato calcolato che, per ogni chilometro percorso camminando, ciascun piede sopporta il peso di circa 40 tonnellate. I piedi sono certamente in grado di sostenere un carico pesante, ma sforzi eccessivi e ripetuti possono spezzare alcuni equilibri. Anche la corsa su superfici molto dure e l’uso di scarpe troppo rigide possono irritare i tessuti del piede, in modo particolare la fascia plantare, e provocare dolore al tallone. In questi casi si parla di tallonite, o più correttamente di tallodinia, per indicare una sindrome dolorosa in corrispondenza del tallone, variabile per intensità del dolore, rilievi oggettivi e cause scatenanti.

Descrizione della patologia, definizione e sintomi

La fascite plantare può interessare un solo piede o entrambi. L’incidenza di questa patologia è compresa tra il 9 e il 20% della popolazione, ad essere colpiti sono in particolare le donne obese di età media ed i giovani runners di sesso maschile. Il dolore è causato dall’infiammazione della fascia plantare, una spessa fascia fibrosa che origina dalla parte interna del tallone e si sviluppa lungo tutto il piede fino alla base delle dita, la cui funzione è quella di assorbire le sollecitazioni meccaniche dovute al peso del corpo quando si cammina e soprattutto quando si corre.

A causa dell’infiammazione e per le microlesioni dovute ad un’eccessiva sollecitazione può insorgere una sintomatologia dolorosa che inizialmente è localizzata in corrispondenza del tallone, con la comparsa della spina calcaneare o entesopatia calcifica.  Se trascurata, tale sintomatologia tende a coinvolgere tutta la pianta, tranne le dita. Un tallone dolente di solito migliora spontaneamente soprattutto con il riposo o con l’ausilio di appositi plantari e trattamenti fisioterapici quali ultrasuoni e onde d’uro. Tuttavia, molte persone tendono a sottovalutare o ignorare i primi disturbi e continuano a svolgere quelle stesse attività che lo hanno causato. In tal modo il dolore non regredisce e può cronicizzare fino a condizionare pesantemente anche la normale camminata.

Le cause

La fascite plantare è una lesione da sovraccarico funzionale, tipica del podista o comunque dell’individuo che pratica attività sportiva in cui si richiede massima sollecitazione plantare del piede e contemporanea estensione delle dita. Nella maggior parte dei casi, il dolore in sede plantare si sviluppa senza una ragione specifica e identificabile. Tuttavia esistono alcuni fattori predisponenti.

Tra i fattori di tipo anatomico possiamo elencare: muscoli del polpaccio più corti o contratti, che riducono la capacità di estensione del piede verso l’alto; piede cavo (ovvero l’arcata longitudinale particolarmente innalzata). Altri elementi favorenti sono dati da un eccessivo peso corporeo o dall’obesità. La fascia plantare è una struttura progettata per assorbire gli elevati stress e le tensioni a cui sono sottoposti i nostri piedi, ma a volte una pressione eccessiva danneggia o lacera i tessuti. La naturale risposta del corpo alle lesioni è l’infiammazione, che provoca dolore al tallone e rigidità della fascia plantare.

Correlazioni con altre patologie

Il piede cavo o il piede piatto, come detto, sono fattori predisponenti per la tallodinia, così come eventuali alterazioni dell’assetto del retropiede sul piano frontale in carico (varismo o valgismo) vanno sempre valutate in quanto possono essere alla base di tallodinie biomeccaniche da sovraccarico laterale o mediale del tallone. In alcuni casi la fascite plantare si associa alla sindrome da spina calcaneare anteriore, piccola sporgenza ossea che si forma sotto al tallone, proprio nel punto di intersezione con la fascia plantare.

La diagnosi

Se il dolore al tallone persiste è bene consultare un medico ortopedico. La descrizione della sede del dolore e il tempo trascorso dalla sua comparsa sono elementi in grado di orientare il medico nella diagnosi. Caratteristico della patologia è un dolore acuto presente al mattino, appena ci si alza dal letto, che diminuisce dopo i primi passi. Attraverso la visita lo specialista ortopedico cercherà di individuare dei punti particolarmente dolorosi alla palpazione, accompagnati o meno da gonfiore e chiederà al paziente di camminare e di sollevarsi, sostare su di un piede alla volta o di eseguire altri test specifici.

L’esame in carico del piede, effettuato con il podoscopio, è utile per una corretta definizione dell’assetto globale del piede. Le radiografie del piede consentono di escludere altre cause del dolore al tallone, come fratture, artrosi eccetera. Non è raro osservare in questi casi immagini riferibili ai cosiddetti speroni (o spine) calcaneari. A tale proposito occorre precisare che la presenza di spine calcaneari è riscontrabile in una persona su 10, ma di questi solo il 5% manifesta dolore al tallone. Si può pertanto ragionevolmente affermare che la spina calcaneare non è la causa della fascite plantare, ma semmai una sua conseguenza, intesa come fenomeno irritativo dell’osso da eccessiva e ripetuta trazione della fascia plantare.

L’ecografia e la risonanza magnetica non vengono utilizzati di routine, ma possono essere prescritti dallo specialista per arrivare ad una diagnosi più accurata.

Terapia conservativa

Entro 6-8 mesi dalla comparsa dei sintomi oltre il 90% dei pazienti con fascite plantare migliora spontaneamente o a seguito di trattamenti semplici quali riposo, ghiaccio, farmaci antinfiammatori non steroidei, questi ultimi da assumere in dosi e tempi stabiliti dal medico. Sono indicati anche esercizi di allungamento muscolare del tricipite surale e della fascia plantare. Si possono praticare infiltrazioni locali di cortisone (al tallone e non sulla fascia plantare). Benefici possono derivare dall’uso di scarpe dotate di supporto ammortizzante al tallone e plantari su misura atti a correggere il varismo o il valgismo del retro piede e di supporto dell’arcata longitudinale. Possono essere utili anche cicli di terapia fisica (Ultrasuoni, Laser, Tecar), terapia con onde d’urto.

Trattamento chirurgico

Il trattamento chirurgico deve essere preso in considerazione se, dopo 6-8 mesi di terapie, il dolore e la limitazione del movimento persistono e l’ecografia mostra un ispessimento della fascia plantare sopra i 6-8 millimetri. Si tratta di un intervento denominato di “Release” (allentamento) della fascia plantare. Quest’ultima viene parzialmente tagliata in corrispondenza del suo ispessimento allo scopo di alleviare la tensione sul tallone e di favorire l’irrorazione del tessuto ipovascolarizzato circostante. In presenza di una spina calcaneare di rilevanti dimensioni (poco frequente) si esegue anche una regolarizzazione chirurgica della stessa con tecnica PBS.

L’intervento viene eseguito attraverso un’incisione puntiforme. In anestesia locale, si esegue una incisione di 0,5 millimetri al di sotto del tallone con l’ausilio visivo del fluoroscopio. Mediante strumenti dedicati (mini lama chirurgica e, se necessaria, mini fresa motorizzata) si pratica la cosiddetta fasciotomia (il taglio parziale della fascia) e la regolarizzazione del profilo dell’eventuale spina calcaneare, se di dimensioni cospicue. Si applica quindi un punto di sutura seguito da un bendaggio compressivo del piede. Il paziente camminerà con l’appoggio completo del piede durante la prima settimana e, successivamente, potrà riprendere gradualmente a camminare con una scarpa da ginnastica. La regressione dei disturbi si ottiene generalmente nell’arco di 60 – 90 giorni.

Prevenzione e consigli

Abbiamo detto che nella maggior parte dei casi il dolore al tallone, tipico della fascite plantare, tende a regredire sia pure lentamente. La prevenzione è necessaria laddove sono presenti fattori anatomo-costituzionali predisponenti quali obesità, cavismo, disallineamenti del retro piede che, se non possono essere rimossi, devono almeno essere corretti. Il ruolo della fisioterapia è certamente importante e deve mirare, attraverso la manipolazione plantare, a ridurre la rigidità di tendini, tessuti e muscoli, e di conseguenza a ripristinare la normale camminata. Gli esercizi fisici, se eseguiti con precisione e continuità, permettono di riacquisire una buona elasticità della fascia plantare, rinforzare i muscoli e migliorare la cosiddetta propriocettività ovvero quel particolare meccanismo in grado di fornire al sistema nervoso centrale le informazioni biomeccaniche e fisiologiche relative al movimento.

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